IL PRETORE
    Sciogliendo  la  riserva  contenuta  nel verbale di udienza del 23
 novembre 1993;
                             O S S E R V A
    L'I.N.P.S. ha eccepito la decadenza di parte  attrice  dall'azione
 proposta   ex   art.   4  del  d.l.  n.  384/1982,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge n. 438 dello stesso anno.
    Secondo tale norma, infatti, che ha sostituito i commi  secondo  e
 terzo  dell'art.  47  del  d.P.R.  n.  639/1970,  opera  la decadenza
 triennale   per   le   controversie   in   materia   di   trattamenti
 pensionistici, a decorrere:
       a)  dalla  data  di  comunicazione  della decisione del ricorso
 pronunziata dai competenti organi dell'istituto;
       b)  dalla  data  di  scadenza  del  termine  stabilito  per  la
 pronunzia della predetta decisione;
       c)   dalla   data   di  scadenza  dei  termini  prescritti  per
 l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a  decorrere
 dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
    Ebbene,  nella  specie  e'  accaduto  che al momento di entrata in
 vigore del decreto citato siffatto termine era appunto  gia'  decorso
 almeno  per  i  diritti  maturati  per  un certo periodo, dato che il
 ricorso amministrativo in seconda istanza e'  stato  proposto  il  26
 luglio  1988  e  il  competente  comitato  dell'ente non risulta aver
 provveduto.
    D'altra parte non puo' applicarsi alla specie la  deroga  prevista
 dall'ultimo  comma  dell'art.  4,  cit. per i procedimenti instaurati
 anteriormente alla data di entrata in vigore  del  decreto  stesso  e
 ancora  in corso alla medesima data: siffatti procedimenti, se intesi
 come amministrativi, erano gia' esauriti a tale  momento;  se  intesi
 come  giudiziari  (il  che  e'  preferibile),  non erano ancora stati
 instaurati.
    Si pone pero' il problema della legittimita' costituzionale  della
 normativa   prima  richiamata,  naturalmente  sotto  il  profilo  del
 criterio della non manifesta infondatezza. La  questione  e'  infatti
 sicuramente rilevante nel caso in esame.
    Ed   invero,  l'art.  6,  primo  comma,  del  d.l.  n.  103/1991,
 convertito con modificazioni nella legge n.  166  dello  stesso  anno
 recita  testualmente:  "1. I termini previsti dall'art. 47, secondo e
 terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, sono posti a pena  di
 decadenza per l'esercizio del diritto alla prestazione previdenziale.
 La  decadenza  determina  l'estinzione del diritto ai ratei pregressi
 delle prestazioni previdenziali e l'inammissibilita'  della  relativa
 domanda  giudiziale.  In  caso  di  mancata  proposizione  di ricorso
 amministrativo,  i  termini  decorrono  dell'insorgenza  dei  singoli
 ratei".
    E  Corte costituzionale 20 maggio 1992, n. 246, Foro it., 1992, I,
 2601,  nel  dichiarare  non  fondata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  della norma, sollevata con riferimento agli artt. 3 e
 38  della  Costituzione,  l'ha  interpretata  sottolineando  che   la
 estinzione  ivi  prevista  colpisce il diritto ai ratei maturati, non
 quello alla  pensione.  Del  resto,  il  prevalente  e  piu'  recente
 indirizzo  ha  sostenuto  che  il termine di cui all'art. 47 cit. ave
 semplicemente la funzione di delimitare l'efficacia  temporale  della
 condizione  di procedibilita' della domanda giudiziale: cfr., da ult.
 Cass. 26 aprile 1993, n. 4864, Dir. e pratica lav., 1993, 1844, (m.).
    Con la precedente normativa, quindi, i diritti vantati dalla parte
 ricorrente  non  sarebbero  estinti, mentre lo sarebbero, si e' detto
 almeno in parte, per effetto dell'eccezione preliminare di  decadenza
 sollevata dall'istituto. Di qui la rilevanza della questione.
    Passando  allora  all'esame  del  requisito  della  non  manifesta
 infondatezza, il pretore ritiene  che  la  nuova  disciplina  sia  in
 collisione  con  l'art.  24  della  Costituzione.  Essa,  infatti, si
 risolve in questo caso nel sacrificio di diritti che sino  al  giorno
 della sua entrata in vigore esistevano e potevano essere azionati.
    In  sostanza,  la  modifica  legislativa,  che  prevede  un regime
 transitorio limitatissimo (v. antea) e  non  comprendente  situazioni
 come  quella in questione - certo peraltro le piu' numerose - viene a
 comportare una sorta di espropriazione di diritti  patrimoniali,  per
 di  piu'  di  valenza  costituzionale  (art. 38, secondo comma, della
 Costituzione).
    Dubbio non manifestamente infondato di costituzionalita'  si  pone
 quindi anche in riferimento a tale norma.
    Diverso,  naturalmente, sarebbe stato se la legge avesse stabilito
 un regime transitorio diverso per le vecchie situazioni, che non solo
 sopprimesse i diritti, ma ne rendesse non eccessivamente difficoltoso
 l'esercizio attraverso il giudizio.
    In definitiva, il pretore dichiara non manifestamente infondata la
 questione di costituzionalita' dell'art. 4  del  d.l.  n.  384/1982,
 convertito,  con modificazioni, nella legge 438 dello stesso anno, in
 riferimento agli artt. 24 e 38, secondo comma, della Costituzione.